La vita da eremita

Rientrato in Italia dopo l’esperienza di Parigi, desideroso di un luogo completamente isolato e avulso dal resto del consesso sociale del tempo, Giovanni inizia a perlustrare gli scoscesi dirupi del Gargano in Puglia e tutte le zone montuose circostanti.

Non trovando, tuttavia, neppure in luoghi così aspri e selvaggi, un compiacimento alla sua aspirazione di intima perfezione, decide infine di tornare al paese natio, Tufara, da cui tutto era partito, con l’intenzione di incontrare i genitori per un’ultima volta, prima di ritirarsi in definitiva solitudine.

Trovati costoro già morti e venuto meno, dunque, ogni legame terreno, il futuro eremita, tormentato ormai sempre più da una persistente inquietudine che lo spingeva ad appartarsi nel silenzio e nella solitudine, distribuì ai poveri la parte di eredità avuta in dono dal padre e abbandonò il paese natio di Tufara.

La Legenda narra che Giovanni andò via da Tufara e fu accolto nel monastero di Sant’Onofrio, diretto da un priore di nome Golfredo, sito nel bosco di Mazzocca.

Qui dimorò tre anni (1104 – 1107) nella chiesa di San Silvestro, che sorgeva nella parte superiore dello stesso bosco, nei pressi del feudo di San Severo, un abitato oggi non più esistente, appartenente allora alla contea di Ariano e situato nel tenimento dell’attuale cittadina di San Marco dei Cavoti (provincia di Benevento).

Durante la permanenza presso la chiesa di San Silvestro, l’esperienza umana di Giovanni è contrassegnata da una profonda vita di umiltà, misurabile attraverso le più disparate attività a servizio dei confratelli.

In questo periodo si rafforza nell’animo di Giovanni il desiderio per una vita completamente solitaria, dedita alla contemplazione dell’Assoluto e della sua Verità.

Il desiderio dell’eremo trova finalmente la realizzazione quando, secondo la tradizione, su indicazione di alcuni cacciatori, viene indirizzato ad una “rupe rocciosa”, in un angolo della parte superiore del bosco, in un sito tuttora sconosciuto dove egli riesce a costruirsi una piccola cella con l’aiuto di fedeli devoti. Su questa rupe sarebbe rimasto per 46 anni, fino al 1153. In tal modo, secondo la Legenda, “l’uomo di Dio, pago nei suoi desideri, pervenne alla perfetta solitudine tanto a lungo desiderata e differita”.

In questo luogo Giovanni vive l’esperienza della contemplazione e della preghiera, una esperienza intima e profonda, accompagnata da penitenze aspre e continue che porteranno a mutarne la figura e l’aspetto esteriore: i piedi scalzi, il viso smunto, una pelle di cervo come vestito, i lunghi ed estenuanti digiuni, il riposo breve e interrotto dalle preghiere, un macigno usato come guanciale saranno i tratti distintivi che costituiranno l’agiografia del Santo.

930° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA di SAN GIOVANNI EREMITA da TUFARA (1084 – 1170) Primo Santo del Molise – Grafiche Faioli